Meccanicismo è un termine filosofico utilizzato per indicare una concezione del mondo che evidenzia la natura esclusivamente corporea, e quindi meccanica, di tutti gli enti, unita al loro comportamento motorio esclusivamente di tipo meccanico.
Le formulazioni più celebri del meccanicismo sono quelle di Cartesio, il vero padre di esso, in quanto la sua res extensa, distinta dalla spirituale res cogitans, è caratterizzata da un meccanicismo deterministico assoluto, che riguarda non solo la materia inanimata, ma anche gli animali diversi dall'uomo, visti da Descartes come pure macchine.
In un celebre passo del 1796, Pierre Simon Laplace enuncia il nucleo centrale del meccanicismo deterministico moderno:
«Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto di un dato stato anteriore e come le causa di ciò che sarà in avvenire.
Una intelligenza che, in un dato istante, conoscesse tutte le forze che animano la natura e la rispettiva posizione degli esseri che la costituiscono, e che fosse abbastanza vasta per sottoporre tutti i dati alla sua analisi, abbraccerebbe in un’unica formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo come quello dell’atomo più sottile; per una tale intelligenza tutto sarebbe chiaro e certo e così l’avvenire come il passato le sarebbero presenti».[1]
Il nesso con la matematica e il calcolo è ciò che differenzia il meccanicismo moderno da quello antico.
L'universo viene considerato guidato dalle leggi della dinamica di Isaac Newton: note le forze che agiscono tra una particella e l'altra trovare il moto del sistema significa risolvere un sistema di equazioni differenziali che, una volta completate con i cosiddetti dati iniziali permettono di conoscere l'evoluzione del sistema a qualunque istante di tempo, sia passato che futuro.
I problemi in questo senso vengono dall'enorme numero di equazioni da risolvere (uno per ogni atomo dell'universo) e dall'impossibilità di conoscere nello stesso istante la posizione e la velocità di ogni particella[2].
Questo è appunto quanto afferma Laplace: se l'universo è una macchina che risponde a precise leggi matematiche, conoscendo esattamente il suo stato presente è possibile calcolare ogni suo stato futuro sulla sola base di queste leggi.
Ma chi potrebbe farlo? Chi è l’intelligenza di cui parla Laplace? Nel Seicento non c’erano dubbi: ‘l’orologiaio dell’universo’ è Dio; nei secoli successivi il potere della matematica è enormemente cresciuto; l’ambizione del meccanicismo moderno è fare della scienza stessa un ‘orologiaio’ se non divino senz’altro abbastanza potente da controllare e sottomettere la natura prossima, quella che entra nel campo diretto dei suoi interessi. Le scienze umane (psicologia, demografia, antropologia etc.) approfondiscono questo disegno.
Il meccanicismo, nato nella fisica, si volge all’indietro per includere anche il soggetto che lo sta utilizzando, ovvero l’uomo.
Stante il rapporto soggetto-oggetto (che è il modello gnoseologico del meccanicismo) l’inclusione dell’uomo nell’ambito del '‘calcolabile’' allarga il meccanicismo all'intero Universo; più potente lo strumento, più ampio il campo della sua applicazione.
Riassumiamo in breve il meccanicismo come modello esplicativo:
Il meccanicismo esprime, astraendolo dal vissuto individuale, il punto di vista quotidiano sulla realtà ('senso comune', 'atteggiamento naturale'); da ciò deriva la difficoltà ad imporsi di una visione antimeccanicistica nel primo Novecento: negare il meccanicismo sotto molti aspetti significa rivedere il nostro più radicato ed ‘istintivo’ atteggiamento di fronte al mondo ed alle cose in esso presenti.
Tale concezione filosofica ha trovato applicazione nella fisica meccanica, ovvero quella parte della fisica che studia le relazioni più elementari tra i corpi come quelle di massa, peso, velocità e accelerazione.
Il termine meccanicismo designa, nella storia del pensiero, una particolare concezione formulata già da alcuni antichi filosofi greci, come Democrito ed Epicuro, che avevano sostenuto in nuce certi princìpi base del materialismo, secondo cui tutti i fenomeni della realtà sarebbero interamente riconducibili a leggi deterministe di causa-effetto.
Il meccanicismo venne poi riformulato a partire dal Seicento, quando, sull'onda dell'entusiasmo per la Rivoluzione scientifica, diversi pensatori si convinsero che era possibile spiegare la natura e l'uomo solamente in termini di massa, peso, nessi di causalità.
La figura maggiormente di spicco di questa tendenza fu senza dubbio René Descartes, nei suoi trattati Discorso sul metodo e Il mondo, in cui descriveva i risultati dell'applicazione a tutti gli aspetti della conoscenza del metodo matematico.
Fatte salve le dovute distinzioni, in quanto Cartesio ondeggiò sempre tra meccanica e metafisica (come dimostrano le sue Meditazioni metafisiche, ma anche l'idea del dualismo irriducibile, insito nell'uomo, di res cogitans e res extensa, che quindi faceva sopravvivere un aspetto non meccanicistico all'interno del pensiero di Cartesio), quest'idea si diffuse ampiamente.
Fu in particolare il filosofo inglese Hobbes, contemporaneo di Cartesio, a teorizzare il meccanicismo ed applicarlo a tutti gli aspetti del reale.
Secondo Hobbes tutti gli enti conoscibili non sono che corpi, e la filosofia, in quanto scienza matematica e geometrica, non deve applicarsi ad altro che ai corpi.
Anche l'etica, quindi, non è altro che calcolo matematico, in base al quale l'uomo individua le azioni più vantaggiose in funzione dell'appagamento dei propri bisogni.
Particolare fu poi l'applicazione del meccanicismo alla filosofia politica, da parte di Hobbes: nella sua concezione, l'intera struttura della comunità politica è concepita come un immenso Leviatano, cioè un organismo all'interno della quale regna la necessità fisicamente rappresentata dal sovrano assoluto, in un certo senso il deus ex machina di un meccanismo di cui tutti i sudditi non sono che semplici ingranaggi, la cui unica libertà consiste nell'agire aderendo alla legge.
In seguito Spinoza elabora una potente e raffinata ontologia geometrico-meccanicistica che integra e perfeziona, risolvendone alcuni problemi, le teorie di Cartesio e Hobbes.
Riassumendo, da Galileo a Kant il meccanicismo si presenta con alcune caratteristiche ricorrenti che si possono rassumere nella regola delle '4 M': metodo, materia, movimento, matematica; se questi quattro elementi si trovano contemporaneamente presenti in una medesima teoria fisica o filosofica, siamo in presenza di una forma più o meno accentuata di meccanicismo.
Il Meccanicismo nel senso inteso di Determinismo entrò in crisi all'inizio del Novecento, quando le rivoluzionarie teorie di Albert Einstein sulla relatività di spazio e tempo e di Heisenberg sull'indeterminazione dimostrarono l'infondatezza della pretesa di indagare la realtà e lo stesso uomo basandosi sulle sole leggi della fisica classica: in particolare la meccanica quantistica, essendo una teoria fisica intrinsecamente probabilistica e fonte di paradossi quali la negazione del principio del terzo escluso, demolisce le fondamenta delle teorie filosofiche deterministiche.